mercoledì 3 dicembre 2008

Straight pride

Poniamo per assurdo che le forzate contrapposizioni tra categorie opposte (destra-sinistra, religioso-ateo, dolce-salato) siano solo strumenti funzionali al tentativo dare ordine alla realtà: ma non ad ingabbiarla senza scampo di alternativa. Le opinioni e i comportamenti individuali sono molto più liberi e ragionati di quanto gli stereotipi impongano.

Appunto, allora. Mi propongo di rompere uno dei più grossolani luoghi comuni nel nostro Paese, ma non solo: essere di sinistra (qualunque cosa ciò voglia dire) non significa appoggiare senza riserve le richieste del movimento LGBT (Lesbiche Gay, Transessuali e Bisessuali) e difenderli a spada tratta a prescindere. Dissento, profondamente. Di più, una certa deriva del movimento LGTB sta prendendo una piega che cozza fondamentalmente contro i valori storici della sinistra.

Partiamo dai fondamentali. La richiesta di protezione dalla discriminazione o, peggio, da repressione fisica per la sessualità è un punto non-negoziabile per la cultura Occidentale. La sessualità non è una malattia, né una moda, né per gran parte una scelta: è un elemento costitutivo della persona, tanto quanto il colore dei capelli o il carattere. La proibizione per legge non elimina né l'omosessualità né la transessualità: la reprime soltanto, la sposta sott'acqua per farla riemergere sotto altre spoglie. Diritti in questo senso per i LGBT sono sacrosanti e giustificabili da qualunque punto di vista uno voglia partire. Questo è un pilastro irrinuciabile a maggior ragione per una visione "di sinistra" - si chiama libertà. Meglio, libertà negativa. Libertà da.

Sono le libertà positive, le libertà di fare qualcosa, che meritano una dibattito un po' meno stereotipato. Non c'è scritto nelle leggi morali dell'uomo né un diritto alla fecondazione artificiale, né al matrimonio omosessuale (attenzione, diverso dall'unione civile!), né all'adozione di bambini da parte di coppie omosessuali. Se, da sinistra, nutriamo dei dubbi sulle conseguenze positive dello sviluppo economico basato sulla distruzione degli equilibri naturali del clima e delle risorse naturali, non è altrettanto lecito porsi qualche dubbio sugli esiti di una modificazione della stessa natura che risulterebbe dal fondare tanto un'insostituibile creatura umana quale la famiglia quanto la procreazione di figli? Può reggere il parallelo? Secondo me, in buona parte sì, e non necessariamente da un punto di vista religioso. Il mio, almeno, religioso non è.

Una deriva che dal mio punto di vista diventa inoltre inaccettabile è quella della spettacolarizzazione dell'omosessualità tendente alla presa di una certa egemonia culturale.
I progressi nella generale presa di coscienza pubblica dell'omosessualità hanno cavalcato l'onda della liberazione dei costumi sessuali etero: siamo oscurantisti se diciamo che la mercificazione del sesso e il suo spiattellamento in ogni salsa e luogo ha assunto contorni eccessivi, per non dire preoccupanti? Del pari, siamo degli stronzi illiberali e retrogradi se pensiamo che le provocazioni sessuali dei gay pride abbiano lo stesso banale ed inutile gusto pornografico?

Osservate alcune immagini pubblicitarie di Dolce e Gabbana come quella qui sopra e ditemi: è questo il modello di accettazione dell'omosessualità che pensate? E' questa l'immagine che i LGBT sentono rappresentativa delle loro battaglie? Badate che è questo il messaggio che filtra tra i media di ciò che è l'omosessualità: un vizietto modaiolo per chi è veramente "in", per chi è distinguibile dalla massa perché orgogliosamente, sfacciatamente diverso. Gay pride.

Proprio perché ho un'alta considerazione delle profondità emozionali e psicologiche dell'alter-sessualità, credo che questa deriva istericamente edonista e - lasciatemelo dire - francamente cafona debba giungere ad un limite, per gli etero quanto per i LGBT. Aggiungo uno stereotipo fresco fresco di giornata: l'omosessualità che attraverso D&G e amici si fa strada tra l'opinione pubblica è un'omosessualità arrogantemente destrorsa, tesa ad esaltare la forza e la bellezza assolute dell'individuo (guardate i corpi eroici di D&G!) e il consumismo sfegatato scambiato per gusto. Questo almeno in Italia.

L'Arcigay orientata a sinistra si è comodamente appoggiata sulla spettacolarizzazione offerta dai media, convinta - come Luxuria - che la strada per l'emancipazione passi attraverso il sensazionalità delle azioni, magari attraverso una eccellente prestazione in uno squallido programma televisivo. Possiamo parlare anche di questo a sinistra, invece di far passare i diritti dei LGBT forzatamente attraverso la distruzione del Vaticano?

1 commento:

Anonimo ha detto...

ma una persona che tenta di suicidarsi non sarebbe da considerare un malato terminale? una persona che non ha più speranze, sogni, aspettative, progetti ecc...?
e come tale, non dovremmo laciarla libera di scegliere?
cosa ne pensate? io ho molti dubbi in proposito?
ditemi un po' la vostra, grazie.